I mesi di separazione e distanza sono stati un trauma di cui risentiremo ancora a lungo. La pandemia ci ha spaventati, indeboliti e trasformati. Le relazioni sono passate nello spazio digitale, le vecchie modalità di aggregazione si sono arrestate. La normalità è a un vaccino di distanza
Per il mondo delle relazioni, la pandemia è stato «come uno tsunami». Improvvisa, devastante e destinata a lasciare a lungo il segno ed i suoi effetti profondi continueranno a condizionarci. Non possiamo dimenticare che la quarantena è stata una cosa unica. Il suo impatto è stato fortissimo per l’immediatezza, innanzitutto. Nessuno era pronto a stravolgere in questo modo la propria vita lavorativa e sociale. E poi perché era fondato sull’emergenza sanitaria. Cioè sulla paura del contagio, della malattia.
Siamo stati e purtroppo siamo di nuovo a rischio e non ce lo scorderemo più. Poi le case si sono riaperte, i mezzi hanno ripreso ad andare e c’è stato spazio per fare le vacanze – anche queste, senza dubbio, molto diverse da come ce le si immaginava a Gennaio. Ma non si è potuto parlare di “ritorno alla normalità”. Semmai di una nuova normalità, dove le relazioni sono diminuite e, insieme alla diffidenza, è prevalsa anche la qualità. Si sono cioè scelte persone per cui valeva la pena davvero rischiare un po’: gli affetti più profondi, a volte i familiari, qualche amico o collega, cioè i famosi congiunti di cui si era parlato ai tempi del lockdown.
C’è un’altra conseguenza del lockdown, però, che resterà a lungo nelle nostre coscienze ed è «la scoperta della nostra vulnerabilità». Ci si è scoperti deboli, attaccabili, fragili, in una situazione in cui il virus è andato a minare proprio il sistema della dei rapporti umani. Ha intaccato la fiducia reciproca: gli altri, anche quelli più vicini, potevano essere un pericolo.
E allora, in questo sentimento di abbandono, accompagnato dalla reclusione forzata, i contatti sono stati trasferiti nella rete. Chat, videochiamate, videoconferenze: lo spazio virtuale è cresciuto, ha cominciato a occupare quasi ogni aspetto della vita. Ha assunto più valore, influenzando anche le relazioni online. È forse cominciata una rivoluzione?
L’isolamento sociale obbligato rappresenta un’esperienza assolutamente nuova per la grandissima maggioranza della popolazione. Alla riduzione dei contatti personali e al sentimento di isolamento corrisponde in molti casi l’attivazione di condotte compensatorie, rivolte al mantenimento delle relazioni con gli altri in tutti i modi alternativi al contatto diretto. Da qui l’enorme incremento delle comunicazioni telefoniche, delle videochiamate, dei contatti on line, la creazione di gruppi in WhatsApp, la presenza nei social media, etc. L’uso di queste tecnologie svolge certamente una funzione utile in questo periodo nell’alleggerire il disagio emotivo associato all’isolamento, ma il loro uso eccessivo può anche comportare il rischio dello sviluppo di condotte di dipendenza.
È il rischio del cosiddetto “Uso Problematico di Internet” che, almeno in soggetti in qualche modo predisposti, può sfociare in quadri di reale dipendenza comportamentale, anche secondo modalità specifiche, quali, solo ad esempio, quelle di shopping compulsivo, gambling, gaming, etc. In soggetti già predisposti, può risultare concreto il rischio di abuso di farmaci ansiolitici o di sostanze psicotrope, ad esempio cannabinoidi, rivolti ad attenuare lo stato di tensione emotiva. Per alcuni, dotati di minori capacità adattative, la riduzione forzata dei contatti personali può tradursi in reattività di tipo depressivo, con tendenza anche verso condotte di ulteriore chiusura, sia verso l’esterno che verso le persone eventualmente conviventi. Infine, è evidente che la convivenza forzata prolungata possa esacerbare situazioni di preesistenti difficoltà relazionali, con sviluppo di tensioni, emozionalità negativa e anche fenomeni di aggressività.
Forse, ora più che mai, sarà fondamentale sforzarsi di mantenere una certa centratura, tenendo ben presente il limite oltre il quale la prudenza scon-fina nel territorio dell’ansia, che può portare ad atteggiamenti davvero poco utili a proteggersi dall’infezione. Alcuni hanno utilizzato il ter-mine resilienza, che dovrà sicuramente continuare ad essere sviluppata. In conclusione, se fino ad ora abbiamo familiarizzato con i vissuti di un si-curo isolamento, a breve potremmo confrontarci con delle nuove forme di malessere a cui sarà necessario dare risposte adeguate. Tali questioni met-tono ancora una volta al centro la necessità di prestare maggiore attenzione ai bisogni psicologici dei cittadini, abbandonando l’artificiosa distinzione tra salute del corpo e salute mentale.
E’ SU QUESTO ULTIMO PUNTO CHE VORREI CHE SI SOFFERMASSERO LE VOSTRE RIFLESSIONI E CHE OGNUNO DI VOI RICONOSCESSE L’IMPOR-TANZA IN QUESTO MOMENTO PIÙ CHE MAI DI CONCENTRARE LE PROPRIE ENERGIE SULLA CURA DEL PROPRIO BENESSERE FISICO E PSICHICO.
LE COSE SONO STRETTAMENTE CORRELATE PERCHÉ UNA PERSONA CHE SI VEDE BENE E SI SENTE IN FORMA È SICURAMENTE UNA PERSONA CHE STA BENE CON SE STESSA E CON GLI ALTRI A DIFFERENZA DI CHI NON RIESCE A CENTRARE IL PROPRIO IO E DI CONSEGUENZA SI TROVA IN DI-SACCORDO CON IL MONDO CHE LO CIRCONDA. IL CENTRO ESTETICO OGGI RAPPRESENTA IL LUOGO PIÙ INDICATO E SI-CURO DOVE OGNUNO DI VOI PUÒ RIFUGIARSI E DEDICARE QUALCHE ORA DEL SUO TEMPO PER RICEVERE ATTENZIONI, TRATTAMENTI DI BELLEZZA E BENESSERE TOTALE. I PROTOCOLLI DI SICUREZZA ADOTTATI SONO TRA I PIÙ SICURI E SCRUPO-LOSI CHE SI POSSANO TROVARE IN RELAZIONE AD ALTRE REALTÀ, QUASI PARAGONABILI AD UNA SALA OPERATORIA, PERCUI LE PERSONE NON SOLO POSSONO TROVARE AMBIENTI IN CUI POTERSI RILASSARE E FARE TRATTAMENTI DI BELLEZZA BENSÌ ANCHE ESTREMAMENTE IGIENIZZATI E SICURI. CERTAMENTE LUOGHI DOVE POTER PORTARE IN SICUREZZA ANCHE I PROPRI CARI PER DISTOGLIERE TUTTI DALLA REALTÀ IN CUI LORO MAL-GRADO SI SONO RITROVATI.